mercoledì 3 febbraio 2016

Il VBAC e il rispetto del parto, da Napoli alla Puglia



Pian piano se ne parla sempre più.
Ne parlano le donne, personalmente coinvolte, ed anche i professionisti.
Se ne parla attorno a tavoli di lavoro, gruppi di sostegno, conferenze.
Se ne parla in casa, ma anche negli ospedali.
Se ne parla persino in Campania, regione con il più alto tasso di cesarei in Italia.
È il VBAC, acronimo di Vaginal Birth After Cesarean, ovvero: parto vaginale dopo cesareo. Ed inevitabilmente si parla anche di Nascita Rispettata, che con il VBAC va (o dovrebbe andare) a braccetto.
E proprio in Campania, a Napoli, il 30 gennaio da poco passato, l’Associazione Innecesareo, nata con lo scopo di contrastare l’abuso di cesarei offrendo sostegno e informazioni alle donne, ha organizzato un convegno dal titolo eloquente “VBAC e Nascita Rispettata”.  Noi di Rinascere al Naturale abbiamo sentito il dovere ed avuto il piacere di partecipare, e non lo abbiamo fatto da semplici spettatori, grazie al contributo di Rosaria Santoro che ha relazionato in rappresentanza del Comitato per la Buona Nascita, di cui la nostra associazione è parte.
Non a caso il suo contributo è stato su “I luoghi e le differenze di esiti del VBAC” e “Il parto rispettato: cosa vuol dire rispettare il parto?”. Si è trattata di una relazione di grande interesse, a cui abbiamo avuto il piacere di dare il nostro contributo e che ha portato alla luce dei dati sull’assistenza al VBAC negli ultimi anni, alquanto significativi nell’attuale panorama italiano. La relazione rappresenta una prima, seppur parziale, pubblicazione di un lavoro di ricerca più ampio che un gruppo di autorevoli professioniste sta tenacemente portando avanti. Un lavoro che, se recepito, potrebbe cambiare l’ottica dell’assistenza al VBAC in Italia e persino gettare una luce diversa sulle Linee Guida.

Proprio dalle Linee Guida Rosaria Santoro è partita, portando l’attenzione sull’attendibilità delle raccomandazioni per l’assistenza al VBAC, riprendendo un articolo pubblicato sulla rivista D&D: nelle Linee Guida per il Taglio Cesareo emesse dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2012 si legge “L’ammissione al travaglio, in assenza di controindicazioni specifiche, deve essere offerta a tutte le donne che hanno già partorito mediante taglio cesareo”, ma anche che alle donne precesarizzate “deve essere garantita un’adeguata sorveglianza clinica” e “la struttura sanitaria deve assicurare l’accesso immediato alla sala operatoria e alla rianimazione”, secondo quanto ripreso dalle Linee Guida internazionali.
Tuttavia l’articolo citato mette in evidenza come non ci siano evidenze scientifiche a sostegno del fatto che i VBAC dovrebbero essere assistiti in strutture attrezzate per le emergenze e che non di rado le raccomandazioni si basano sull’opinione di un limitato gruppo di esperti, non multidisciplinare, pertanto rischiano di essere “doctor friendly”, ovvero “viziate da conflitti di interessi non dichiarati”. Del resto “è stato dimostrato scientificamente che la nascita extraospedaliera è sicura se assistita da ostetriche che, se necessario, possono essere a contatto con un ospedale in grado di eseguire il TC di emergenza”.
La relazione ha dunque spostato l’attenzione sui dati relativi al VBAC in merito agli esiti, sulla base di una cospicua bibliografia da cui emerge che il rischio di rottura d’utero varia in funzione del luogo del parto: 0,2-1% in ospedale (percentuale maggiore nei parti indotti), 0,02-0,2% in casa maternità, mentre alcuni studi non constatano rotture d’utero nei casi di parto in casa. Parallelamente i VBAC extraospedalieri registrano tassi di successo decisamente maggiori rispetto a quelli ospedalieri (73,5-91% contro 30-73%). Inoltre riguardo le donne con 2 o più precedenti cesarei, un recente studio segnala tassi simili di rischio e successo rispetto alle donne con un solo TC. In altre parole tutta la bibliografia disponibile sul parto in casa dimostra che questo tipo di assistenza riduce notevolmente la necessità di interventi nel parto e pertanto risulta molto vantaggiosa in caso di VBAC, poiché “tutto quello che implica accelerare o alterare il ritmo del parto può supporre un aumento del rischio di rottura d’utero”. Ciononostante ad oggi non viene ancora proposta una variazione nelle Linee Guida internazionali circa le raccomandazioni sul luogo del VBAC.
E, a rendere ancora più disattese le evidenze scientifiche, nella maggioranza dei punti nascita italiani il VBAC non viene assolutamente promosso ne’ sostenuto.
Esemplare a tal proposito è la realtà pugliese, i cui dati in merito al VBAC sono stati in parte raccolti da Rosaria e da noi di Rinascere al Naturale, nell'ambito di un’indagine regionale che abbiamo avviato insieme. Molto di recente, a seguito della crescente domanda da parte delle donne, inizia a registrarsi una timida apertura al VBAC presso gli ospedali. Dei 6 che ad oggi risultano accogliere la richiesta di parto naturale da parte di donne precesarizzate, solo uno, l’Ospedale Panico di Tricase (Lecce), ha fornito i dati degli ultimi 6 anni, gli Ospedali Riuniti di Foggia hanno comunicato i dati degli ultimi 2 anni (ma nel 2015 non c’è stato alcun VBAC), tre hanno comunicato quelli dell’ultimo anno (Osp. Dimiccoli di Barletta (BAT), l’Osp. Di Venere di Bari e il Policlinico di Bari) ed uno, la Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (Foggia) non ha fornito alcuna risposta.
Esito del VBAC su 34 donne preTC-Dati di R. Santoro
Dal confronto di questi dati, seppur parziali, con quelli presentati da Rosaria riguardo le donne da lei assistite dal 2010 a oggi, scaturiscono molte riflessioni che sembrano trovare naturale conferma nella bibliografia internazionale pocanzi citata: su un totale di 82 parti la percentuale di parti spontanei è del 94% circa, percentuale che rimane molto alta anche se ci si riferisce agli esiti dei soli VBAC: oltre l’88%, tasso ancor più significativo visto che nel totale si annoverano anche parti dopo 2 o 3 cesarei.
Percentuale di TC sul tot dei parti-R.Santoro

Se poi si volesse azzardare un confronto con i dati ospedalieri la differenza di esiti risulterebbe alquanto stridente, pur rapportandola alla diversità dei numeri coinvolti: la percentuale di cesarei sul totale dei parti assistiti in casa è del 6%, ben lontano dal 50% registrato per l’Osp. Di Venere; analogamente la percentuale di VBAC riusciti, sempre sul totale dei parti, è quasi del 37% rispetto all’1% circa dell’Osp. Di Venere e del Policlinico di Bari.
E allora viene naturale chiedersi: a cosa si deve questa diversità di esiti, anche quando una struttura ospedaliera si dichiara disponibile ad accogliere i VBAC?
Senz’altro la risposta risiede nel secondo elemento presente nel titolo della relazione di Rosaria e nel nome stesso del convegno: il Parto Rispettato. Rispettare il parto vuol dire informare la donna e permetterle di fare le sue scelte, vuol dire renderla protagonista, offrirle continuità nell’assistenza, offrirle sostegno e personalizzare l’assistenza stessa. Vuol dire avere FIDUCIA, fiducia nella donna e nella sua capacità di partorire. Quanto di tutto ciò avviene negli ospedali presi in esame (e quanto negli altri)? La lettura delle parole di alcune donne che hanno affidato a Rosaria il racconto della propria esperienza è addirittura più eloquente dei numeri: a volte l’iniziale sostegno viene improvvisamente sottratto all’approssimarsi del parto, oppure l’informazione non è corretta, o ancora un qualunque espediente diventa motivo sufficiente per indurre ad un nuovo cesareo, oppure ancora la donna deve lottare, disarmando mani ostili o bloccando chi sta per toccarla senza permesso, rispondendo e controbattendo a chi le parla di morte mentre, stesa sul lettino, sente già che il suo piccolo sta nascendo. Sempre se quelle mani ostili non hanno già vinto e lei non si è dovuta arrendere ad un nuovo cesareo. Ciò che serve ed è sufficiente per assistere al meglio un parto normale ormai è risaputo, le evidenze scientifiche esistono e i dati dei parti extraospedalieri rappresentano la controprova. Fiducia nella donna e rispetto: per i suoi tempi, per le sue scelte, per il suo parto…questo è tutto. Ora tocca ai reparti di Ostetricia e Ginecologia italiani recepire queste evidenze.
Inerente all'argomento è stato poi l'aggiornamento di Rosaria sul nostro operato come Comitato per la Buona Nascita in seguito al comunicato della FNCO del luglio 2014 contro la libertà di scelta sul luogo  del parto delle donne precesarizzate:  il 10 ottobre viene depositata un'interrogazione parlamentare a risposta scritta firmata dall'on. Rostellato, con la quale segue un incontro presso la Camera dei Deputati. Al momento l'interrogazione resta ancora in attesa di risposta. Sempre ad ottobre viene organizzata la Giornata Nazionale della Buona Nascita, durante la quale i presenti sottoscrivono un documento elaborato in collaborazione con le associazioni Freedom for Birth RAG e Human Riths in Childbirth, successivamente inviato per posta raccomandata al Ministero della Salute e alla FNCO e, per conoscenza, a tutti i Collegi delle Ostetriche tramite posta elettronica. A luglio del 2015 il Comitato viene convocato dal Ministero della Salute. In seguito all'incontro il documento viene trasmesso alla Direzione per le Professioni Sanitarie e alla Direzione per la Salute della Donna e il Percorso Nascita, essendo il tema di loro diretta competenza. Ad ottobre 2015 il Comitato riceve una convocazione da parte della FNCO nella persona della Presidente Vicario, purtroppo si rende necessario chiedere un rinvio a data da destinarsi, per la quale il Comitato, dopo un sollecito, è ancora in attesa di comunicazione.
 
Il Convegno ha offerto molti altri spunti di riflessione, grazie anche alla platea autorevole e composita. Ha riproposto la visione del cortometraggio “La prestazione”, che grazie alle amiche di Freedom for Birth RAG ha portato i presenti ad una partecipazione attiva. Ed ha messo in evidenza l’operato a sostegno del VBAC di alcuni ginecologi ospedalieri napoletani, Agostino Menditto della Clinica Mediterranea e Roberto Vigorito dell’ospedale Fatebenefratelli, svelando anche alcune realtà sino ad oggi sconosciute per molti. Ha persino avuto il pregio, grazie al dottor Pietro Apuzzo, di avviare un animato confronto sull’ impiego dell’analgesia nelle donne precesarizzate, procedura medica su cui la donna dovrebbe, a nostro parere, conservare il diritto alla libera scelta informata, ma il cui uso indiscriminato suscita in noi molte perplessità, come del resto il contributo di Rosaria Santoro esplicitamente ci suggerisce.

D.M.

Nessun commento:

Posta un commento