lunedì 13 ottobre 2014

Ancora a proposito di HBAC e FNCO: parlano le donne di Rinascere*




Siamo un gruppo di mamme pugliesi che, dopo aver fatto la scelta personale, consapevole ed informata di partorire in casa assistite da un’ostetrica libero-professionista, in molti casi anche dopo un pregresso cesareo, hanno costituito un’associazione onlus, “Rinascere al naturale”, impegnata nella diffusione della cultura del rispetto della fisiologia del parto e della nascita dolce e rispettata.
Abbiamo perciò accolto con grande delusione la recente presa di posizione della FNCO sul parto in casa dopo pregresso cesareo, che in poche battute, dopo aver sottolineato la non conformità alle indicazioni precauzionali espresse dalle vigenti Linee Guida, diffida le ostetriche libero-professioniste dall'incoraggiare o anche solo dall'assistere HBAC e addirittura qualifica come irrilevante e privo di efficacia il consenso informato con piena assunzione di responsabilità espresso dalla partoriente.
Molte di noi potrebbero raccontare il proprio vissuto, rivelando come l’esperienza di parto in casa dopo cesareo sia stata pienamente soddisfacente ed appagante,

riparatrice degli incancellabili segni fisici e ancor più psicologici lasciati dal pregresso cesareo, ed anche sicura, perché affrontata nella piena consapevolezza del rapporto rischi/benefici, con l’assistenza continua e dedicata di una professionista seria e competente, nel più assoluto rispetto dei tempi e della fisiologia, felicemente conclusasi senza alcuna complicazione scaturita dal cesareo pregresso, né per noi, né per i nostri bambini.
Siamo perfettamente consapevoli che le vigenti Linee Guida raccomandano in via precauzionale che l’assistenza ai travagli di prova debba avvenire presso strutture sanitarie in grado di garantire, in caso di necessità, un tempestivo accesso alla sala operatoria per l’esecuzione di un cesareo d’urgenza.
Tuttavia, siamo informate come in realtà manchino studi sufficientemente attendibili e significativi a proposito della sicurezza del parto domiciliare dopo cesareo: ciò in quanto non sono mai stati messi seriamente a confronto gli esiti dei vbac ospedalieri con quelli dei parti domiciliari assistiti da ostetriche esperte, conoscitrici della fisiologia del parto e rispettose della sua naturalità.
Sappiamo che negli studi effettuati in tema di vbac, con particolare riferimento alle percentuali di rottura d’utero (peraltro sovrapponibili a quelle di una primipara), non viene operata alcuna distinzione a monte circa le modalità dell’assistenza al travaglio, e che per questa ragione non è possibile affermare con assoluta certezza che eventuali complicazioni siano dovute di per sé al cesareo pregresso e non piuttosto o anche ad interventi e procedure mediche attive quali stimolazioni, induzioni, analgesie epidurali, somministrazioni di ossitocina sintetica per accelerare il travaglio, manovre di Kristeller, ecc.
Abbiamo, invece, imparato e crediamo profondamente che per favorire lo svolgimento senza complicazioni di un parto dopo cesareo sia fondamentale, in presenza di condizioni di pieno benessere materno-fetale, limitare al minimo, se non evitare completamente, qualsiasi intervento esterno su un utero cicatrizzato, cui deve essere consentito di fare il suo lavoro anche lentamente, al di fuori dei tempi imposti dai protocolli ospedalieri, ed al riparo da interferenze inutili e potenzialmente pericolose.
Proprio in virtù di tutto questo, il parto a domicilio dopo cesareo, a termine di gravidanza fisiologica ed in assenza di particolari condizioni di rischio, ha garantito a molte di noi un’esperienza di nascita dolce, rispettata e naturale, ha salvaguardato il momento unico ed irripetibile dell’imprinting, ha consentito di evitare non solo la ripetizione di un intervento chirurgico non esente da rischi, ma anche eventuali interventi acceleratori del travaglio o del parto (magari altrettanto traumatici come l’episiotomia, la manovra di Kristeller o l'applicazione di ventosa), spesso effettuati di routine nei nostri ospedali anche sulle precesarizzate.


Del resto, le stesse Linee Guida che consigliano alle donne che abbiano subito uno o due cesarei di partorire in ospedale, raccomandano al tempo stesso agli operatori sanitari di offrire a tutte le donne che abbiano subito uno o addirittura due cesarei la possibilità di partorire per via vaginale, proprio in considerazione dei gravi ed ormai accertati rischi connessi ai plurimi tagli cesarei ripetuti.
Nel fare ciò, sono state recepite le raccomandazioni formulate, in tema di Tecnologia appropriata per la nascita, nel lontano maggio 1985 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui “Non c'è nessuna prova che dopo un precedente cesareo sia richiesto un ulteriore cesareo per la gravidanza successiva” e quindi “I parti vaginali, dopo cesareo, dovrebbero venir incoraggiati”.
Purtroppo, come noi mamme possiamo constatare quotidianamente, specie nel Sud Italia, salvo rare eccezioni, la donna che ha subito un taglio cesareo è ancora convinta di non poter più avere parti naturali e nella maggior parte delle strutture sanitarie, pubbliche e private, si ricorre al T.C. ripetuto di routine; sovente manca la stessa corretta ed obiettiva informazione, prima ancora che la promozione, della possibilità di un travaglio di prova, ed anche la donna autonomamente informata e fortemente motivata può incontrare non poche difficoltà ad assicurarsi un’assistenza realmente favorevole al VBAC all’interno del SSN. A fronte di ciò, constatiamo con dispiacere che non ricordiamo un'analoga e altrettanto ferma presa di posizione della FNCO.
Dissentiamo, invece, con rispetto ma con convinzione e fermezza, sull'affermazione per cui una donna, ben informata e consapevole sia dei rischi di un parto domiciliare, sia di quelli della medicalizzazione imposta dai protocolli ospedalieri, non possa liberamente scegliere, a termine di gravidanza fisiologica ed in condizioni di benessere materno-fetali, di partorire in casa dopo un cesareo.
Le fonti giuridiche sovranazionali (pensiamo, in particolare, alla Carta dei diritti della gestante ed alla sentenza della CEDU nel caso Ternovskji contro Ungheria), cui anche l'Italia dovrebbe conformarsi, ci insegnano che ogni donna in grado di intendere e volere ha il pieno diritto di scegliere come, dove e con chi partorire e che gli Stati devono garantire concretamente questo diritto consentendo di accedere ad un'idonea assistenza: in altre parole, vietare alle ostetriche di assistere a domicilio significa conculcare e di fatto limitare fortemente il diritto della partoriente di optare per un parto domiciliare, costringendola a scegliere tra un'ospedalizzazione indesiderata ed un parto non assistito.
Non ci sembra che siano prospettabili eccezioni o restrizioni di questo diritto in danno delle donne che hanno avuto la sfortuna di subire un cesareo, magari non voluto e in alcuni casi neppure necessario (secondo i NAS incaricati dal Ministero della Salute, come sappiamo, circa un cesareo su due è immotivato, non trovando alcuna giustificazione coerente nella documentazione clinica ospedaliera).
Non è ammissibile che alle precesarizzate vengano riconosciuti meno diritti delle altre partorienti e troviamo ingiustamente discriminatorio che venga in qualche modo presunta la loro incapacità di comprendere il rapporto rischi/benefici delle diverse opzioni assistenziali e scegliere consapevolmente la modalità di parto che ritengono più sicura e più adatta per sè e per il proprio bambino.
Non è ipotizzabile alcuna soluzione che, privando la donna precesarizzata della possibilità di essere assistita da una professionista competente presso il proprio domicilio, si risolva in una costrizione a partorire in ospedale, come se si trattasse di una forma di ospedalizzazione coatta o di trattamento sanitario obbligatorio: non dimentichiamo che l'art. 32 Cost. che tutela il diritto individuale alla salute riconosce ad ogni individuo anche il diritto a rifiutare le cure.
Il parto è un evento fisiologico che appartiene alle donne e solo le donne hanno il diritto di decidere come e dove partorire e da chi farsi assistere; ed hanno il diritto di essere accompagnate dalla gravidanza sino al puerperio da una professionista di loro fiducia, che sia custode della nascita e che assicuri la migliore soddisfazione dei bisogni di mamma e bambino, bisogni che seguono una scala di priorità assolutamente personale ed individuale e che comunque non sono solo biologici, ma anche psicologici, emotivi, e terapeutici rispetto ad una precedente spesso traumatica esperienza di parto chirurgico e medicalizzato.
Auspichiamo che in quest’ambito possa realmente essere garantita la piena ed effettiva tutela della salute e del benessere psico-fisico della madre, del bambino e dell’intera famiglia coinvolta nell’evento-nascita, tutela che non può in alcun modo prescindere, a nostro avviso, dal pieno ed effettivo rispetto della libertà di scelta consapevole ed informata della donna su come, dove e con chi partorire. In gioco c'è molto di più che la preoccupazione di qualche eventuale contenzioso medico legale, c'è la libertà della donna di decidere del proprio corpo e dell'intera comunità-famiglia di vedere rispettata una scelta che attiene alla propria sfera intima e privata.
 
Noi abbiamo fiducia nelle ostetriche. E chiediamo alle ostetriche di fidarsi di noi e di essere al nostro fianco.

*A seguito delle recenti vicende ci è sembrato opportuno riprendere e rielaborare quanto già avevamo avuto modo di affermare in merito al parto in casa dopo cesareo (HBAC), in una lettera a suo tempo scritta in risposta ad un articolo di giornale.

1 commento:

  1. Pochi conoscono la Clinica d'eccellenza di maternità Feskov Human Reproduction Group. Questa clinica di maternità, donazione e FIVET svolge l'attività nel ambito dal 1995.Struttura professionale e completa oltre che moderna. Lo staff è molto cortese, sembra un'isola felice dove lavorano con amore.
    Io gli chiamo "angeli con camici bianchi"

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